Nel testo, oltre a una ricognizione dello sviluppo capitalistico e delle lotte politiche in Turchia, in Iran, in Pakistan e in Arabia Saudita, è raccolto il percorso d’analisi che in questi anni ha accompagnato le vicende delle cosiddette «primavere arabe», e il loro scacco nella contesa mediorientale. All’inizio del 2011, all’avvio della crisi in Libia, scrivemmo che «in Medio Oriente è quasi la regola che le guerre civili siano innesco alle guerre tra Stati». Da allora quattro conflitti, in Libia, in Mali, in Siria e in Yemen, hanno confermato quella legge di movimento, polverizzando la retorica democratica che aveva accompagnato quei sommovimenti politici. Ormai è assodato che la guerra in Siria segna la fine degli equilibri di bilancia in Medio Oriente garantiti dalla potenza americana, com’erano stabiliti da un quarantennio a partire dal 1973. Nell’area torna a fare il suo ingresso la Russia e torna all’iniziativa politico-militare l’Europa. Sullo sfondo, il mutamento dei nessi energetici così come della bilancia globale chiama in causa Cina e India, e non è pensabile che un nuovo assetto regionale non prenda in conto i due giganti asiatici.
This book includes a review of capitalist development and political struggles in Turkey, Pakistan and Saudi Arabia as well as an investigation into the recent events of the so-called Arab Springs and their failure in the wider context of the Middle East confrontation. When the Libyan crisis started in early 2011 we wrote that “it is almost a rule in the Middle East that civil wars trigger State wars”. Since then four conflicts – in Libya, Mali, Syria and Yemen – have confirmed this law of development and pulverised the democratic rhetoric surrounding those political uprisings. It is now indisputable that the war in Syria has marked the collapse of the power balance in the Middle East established fourty years ago in 1973 and guaranteed by the USA. Russia is coming back into this area and Europe is regaining its military-political intitative. Against this background, changes in the energy sector and in the world balance are calling China and India into question. It is inconceivable that a new regional configuration won’t take the two Asian giants into account. |